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Trentanovesimo Elisir: LA GARA DEI RANOCCHI

Un giorno alcuni ranocchi si riunirono ai bordi dello stagno. Poco lontano vi era una vecchia torre ormai diroccata, proprio nel punto più alto del monte. Decisero così di organizzare una gara il cui obiettivo era quello di raggiungere la torre. Il percorso che si prospettava era molto impegnativo a causa della ripidità del monte.

 

Ben presto, la notizia della gara dei ranocchi si diffuse nel vicino paese, tanto da portare molte persone a radunarsi per assistere alla competizione. I ranocchi erano al punto di partenza e la folla disseminata lungo il percorso. Passò poco tempo dall’inizio della gara quando le persone, notando la difficoltà del tragitto, iniziarono a commentare l’impresa pronunciando frasi come: “Non ce la faranno mai”, “è un percorso troppo difficile”.

 

I ranocchi che dapprima saltavano verso la torre con grande energia e determinazione, udendo queste parole iniziarono a nutrire loro stessi dei dubbi. I commenti negativi della folla che continuavano a giungere agli orecchi dei ranocchi spinsero alcuni di loro a ritirarsi dalla gara. “La montagna è troppo ripida”, “è impossibile arrivare in cima”. Il rumoreggiare incessante della folla portò altri ranocchi ad abbandonare la competizione. Ormai convinti che il punto d’arrivo fosse davvero troppo lontano e la torre troppo in alto. Poco a poco tutti smisero di saltellare in direzione della vetta.

 

Tutti, tranne uno. Sebbene con grandi difficoltà, e con un enorme sforzo, un ranocchio raggiunse la vetta. Arrivato alla torre si girò e non solo si accorse di essere arrivato primo, ma di essere anche stato l’unico ad aver concluso la gara. Guardandosi, sgomenti ed increduli, gli altri ranocchi e la folla presente si domandavano come fosse riuscito in tale impresa. Quale strategia avesse utilizzato per arrivare in cima. Il ranocchio vincitore tornò poi alla valle. Gli spettatori e gli altri ranocchi non esitarono ad avvicinarsi per domandarglielo e così scoprirono ben presto… che era sordo.

 

"Morale - della - favola"... cosa dice questa storia al Ranocchio più profondo che è in noi? Cosa bisbiglia al nostro IO? Quando diciamo "Morale – della - favola".... ESATTAMENTE, qui e oggi, cosa intendiamo? Ognuno con le proprie lenti e bagaglio di storia di vita vissuta darà un senso e significato personale a ciascuna delle parole riportate.

 

Vorrei sollecitarvi una riflessione su tutti quei fattori, variabili esterne o presenti in noi che limitano, frenando il nostro "andare verso" un obiettivo, una realizzazione, una "cima" che per ognuno è rappresentata da qualcosa di importante. Fattori che possono esplicarsi in giudizi altrui, parole di scoraggiamento, perplessità limitanti, o anche pensieri disfunzionali generati da noi stessi che riguardano la nostra persona, il mondo e il futuro, purtroppo dipinti con sfumature negative che seminano dubbi di riuscita e di capacità dubitanti.

 

"Nessuno può aiutarmi – non valgo nulla – non riuscirò a cambiare – non ci sono speranze per me – quello che mi chiede la vita è troppo difficile"... e via dicendo con declinazioni più personali. Parole e frasi che rimbombano a volte sulla soglia dei pensieri, che si affacciano alla realtà divenendo una eco influenzante l'agito e i comportamenti.

 

"Morale – della – favola": non concediamo a queste credenze disfunzionali di farci lo sgambetto sulla via del nostro andare e, qualora ci trovassimo a terra, imperterriti rialziamoci... facendo nostra la saggezza del proverbio giapponese: "Se cadi sette volte, rialzati otto".  

 

 

Dott.ssa Elisa Tosana