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Trentottesimo Elisir: MARTINO TESTADURA

E se il COVID-19 fosse (stato) ANCHE una lezione di vita?

 

“Non ho tempo”, “non c’è tempo”, “vorrei avere più tempo”, “se solo ci fosse più tempo”... questa scusa, oggi come oggi e ora come non mai, risuona come una becera scusante. Nella sospensione “della vita precedente” si è spezzata la routine frenetica del fare aprioristico e supremo della frenesia giornaliera. Il Pilota Automatico del nostro fare, frenetico e convulso, è stato disattivato (dall’Invisibile Pandemico) e ora, nello scorrere lento dei giorni e delle nostre riflessioni, abbiamo il tempo di volgere il naso al nostro ombelico, tempo per centrarci e ri-centrarci su noi stessi.  E vi invito a farlo, in questo tempo senza tempo come se vi fossimo sospesi, leggendo la favola a seguire, di Gianni Rodari.

La strada che non andava in nessun posto

 

All'uscita del paese si dividevano tre strade: una andava verso il mare, la seconda verso la città e la terza non andava in nessun posto. Martino lo sapeva perché lo aveva chiesto un po' a tutti e da tutti aveva ricevuto la stessa risposta:

 

"Quella strada lì? "

"Non va in nessun posto. E' inutile camminarci"

"E fin dove arriva?"

"Non arriva da nessuna parte"

"Ma allora perché l'hanno fatta?"

"Non l'ha fatta nessuno, è sempre stata lì"

"Ma nessuno è mai andato a vedere?"

"Sei una bella testa dura: se ti diciamo che non c'è niente da vedere..."

"Non potete saperlo se non ci siete mai stati".

 

Era così ostinato che cominciarono a chiamarlo Martino-Testadura, ma lui non se la prendeva e continuava a pensare alla strada che non andava in nessun posto. Quando fu abbastanza grande, una mattina si alzò per tempo, uscì dal paese e senza esitare imboccò la strada misteriosa e andò sempre avanti. Il fondo era pieno di buche e di erbacce e ben presto cominciarono i boschi.

 

Cammina cammina la strada non finiva mai, a Martino dolevano i piedi e già cominciava a pensare che avrebbe fatto bene a tornarsene indietro quando vide un cane. Il cane gli corse incontro scodinzolando e gli leccò le mani, poi si avviò lungo la strada e ad ogni passo si voltava per controllare se Martino lo seguiva ancora. Finalmente il bosco cominciò a diradarsi e la strada terminò sulla soglia di un grande cancello di ferro. Attraverso le sbarre Martino vide un castello e a un balcone una bellissima signora che salutava con la mano.

 

Spinse il cancello, attraversò il parco e sulla porta trovò la bellissima signora. Era bella, vestita come una principessa e in più era allegra e rideva: "

Allora non ci hai creduto".

"A che cosa?"

"Alla storia della strada che non andava da nessuna parte"

"Era troppo stupida e secondo me ci sono più posti che strade"

"Certo, basta aver voglia di muoversi. Ora vieni, ti farò vedere il castello"

 

C'erano più di cento saloni zeppi di tesori. C'erano diamanti, pietre preziose, oro, argento e ad ogni momento la bella signora diceva: "Prendi, prendi quello che vuoi... Ti presterò un carretto per portare il peso". Martino non si fece pregare e ripartì col carretto pieno.

 

In paese, dove l'avevano già dato per morto, Martino fu accolto con grande sorpresa. Scaricato il tesoro il carro ripartì. Martino fece tanti regali a tutti e dovette raccontare cento volte la sua storia. Ogni volta che finiva, qualcuno correva a casa a prendere cavallo e carretto e si precipitava giù per la strada che non andava da nessuna parte. Ma quella sera stessa tornarono uno dopo l'altro, con la faccia lunga per il dispetto: la strada per loro finiva in mezzo al bosco in un mare di spine. Non c'erano né cancello, né castello, né bella signora. Perché certi tesori esistono soltanto per chi batte per primo una strada nuova.

 

***

 

La strada che non andava in nessun posto in realtà portò Martino Testadura più in là di quanto lui stesso avesse mai pensato, più in là di quanto avesse mai sperato di fare, né che fosse stato possibile fare. 

E anche noi, ora che abbiamo tutto il tempo, possiamo SCEGLIERE. Scegliere cosa fare “delle nostra ossa” (come dicono i camuni); se DAVVERO vogliamo tornare come prima del Coronavirus, con la stessa frenesia e insoddisfazione, con i giorni e la vita gremita e strabordante di “tante-troppe-futili-cose” o SCEGLIERE DI ESSERE DIVERSI. 

 

Sì, perché in fondo quello che troveremo là fuori sarà comunque un mondo diverso da quello che abbiamo lasciato e non possiamo permetterci di farci trovare noi uguali a un prima che non sarà più. E allora che fare? Scegliere? COME?  Alcuni suggerimenti/accorgimenti che vorrei condividere con voi:

 

Ri-definiamo le nostre priorità, in base alle riflessioni e scremature effettuate in questa quarantena scevra del “superfluo” e dei riempitivi di vita “di prima”: cosa per noi è priorità, cosa si è rivelato più importante di tante altre cose? Possono essere valori, persone, aspetti del nostro carattere che sono emersi o che abbiamo rafforzato.

 

Ri-definiamo i nostri obiettivi: è importante, sì... importantissimo, averli scritti bene in mente, nero su bianco. Siamo soddisfatti di quello che abbiamo costruito finora nella nostra vita? Avremmo voluto qualcosa di diverso? Come potremmo ora come ora, hic et nunc, seminare nuove opportunità di crescita e benessere?

 

Scriviamo le cose che vorremmo fare, partendo anche dagli stessi obiettivi sopra, ma con un’integrazione operativa e concreta, facendo in modo che rispondano a un piano definito di azione, “COME FARE” per…

 

E… ESSERE pronti ad OSARE!!! Ad essere dei “MARTINI-TESTADURA”, a fare una bella volta il passo più lungo della gamba, a spingerci oltre il conosciuto anche di noi stessi e delle nostre potenzialità. Forse è questa la morale, forse è questo il tesoro che troveremo. In fondo chissà, la strada che non andava in nessun posto, ci porterà alla migliore versione di noi stessi... quella di cui possiamo essere più orgogliosi e soddisfatti.

 

 

Dott.ssa Elisa Tosana